“Disarmare le parole per disarmare le menti e disarmare la Terra” – Papa Francesco
Disarmiamo le guerre   Introduzione video di ALEX ZANOTELLI dedicato ad “Happy Doctor” la martire modenese Luisa Guidotti Mistrali   Contributi tratti dal libro: Che paura fa la felicità   
 A ciascuno di noi Dio non chiede la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma prende posizione contro i faraoni di sempre. Stare dalla parte di Dio e quindi dalla parte degli ultimi, richiederà il coraggio di rompere un ordine costituito che spreme lacrime di disgraziati. I tiepidi, quelli che hanno sempre paura di sbilanciarsi, dice l’Apocalisse, Dio li vomita dalla sua bocca. Pertanto non nascondiamoci dietro la maschera che in parrocchia o a scuola non si può parlare di politica. La politica sostiene e finanzia una economia di guerra che sta alimentando un genocidio. Chi resta a guardare senza reagire, non è neutrale, è complice.  Complice dei politici che abbiamo scelto, pertanto segnati da un inconfessabile peccato mortale. Perciò basta col votare quei partiti che sostengono le guerre e che hanno fatto del Mar Mediterraneo un grande cimitero. Basta con le guerre e con la vendita delle armi a popoli sfruttati e impoveriti da noi. Recuperiamo il coraggio di schierarci con gli ultimi (grande plauso all’iniziativa umanitaria Global Sumud Flotilla). Il coraggio di accogliere, di ascoltare e di imparare a contaminarci con culture diverse come un arricchimento e non con la paura del diverso, del lontano, dell’immigrato.   “La pace sia con voi, una pace disarmata e disarmante”  –  Papa Leone XIV
          

Breve omaggio a Luisa Guidotti (agg. 07.09.2025 – 20 letture)

“Che paura fa la felicità” è un saggio dedicato ad Happy Doctor, Luisa Guidotti Mistrali, la dottoressa missionaria laica, martire in Rhodesia, felice di condividere i rischi di una guerra civile per aiutare la sua gente, per sentirsi Shona con gli Shona. 

Luisa, dopo gli studi in medicina nel 1967 è partita per l’Africa con la speranza di aiutare la gente di un paese allora chiamato Rhodesia, ora Zimbabwe. Mentre era in Rhodesia è scoppiata una guerra civile e nonostante il pericolo Luisa non aveva voluto lasciare il territorio africano. Curava indistintamente tutti, soldati e ribelli. Per questo, dopo avere curato un ribelle, è stata arrestata. Rischiava grosso, anche l’impiccagione. Si sono mossi Il Vaticano e in Italia la Croce Rossa e l’ordine dei Medici grazie ai quali Luisa riottiene la libertà. Io vedo solo una volta Luisa, quando nell’autunno del 1975, a 18 anni, vado con mio fratello in un appartamento di via Morane a dividere le medicine da portare in Africa. Purtroppo quella è stata l’ultima volta e l’unica volta che ho visto Luisa. Poi il suo martirio sull’autoambulanza nel viaggio di ritorno dall’ospedale di Nyadiri. Ora il suo corpo riposa nel Duomo di Modena. Quello che posso aggiungere è che se non fosse partita per l’Africa col suo sogno oggi sarebbe una novantenne consolata da qualche figlio e qualche nipote. E cosa potrebbe dirci Luisa oggi? Forse direbbe: “Che cosa è servito offrire la mia vita per un mondo migliore quando ancora oggi gli africani, per le responsabilità dell’occidente, per non essere uccisi sono costretti a fuggire dalle loro famiglie e dalla loro terra?

  1.  Canzone:  IMAGINE (John Lennon)

https://youtu.be/yKedGUqk-CM?t=37   fino alla fine

1° lettore ____________________________  

Dalle lettere di Luisa Guidotti:

All Souls, 5 gennaio 1975

Caro papà,

come puoi constatare dalle foto, sto bene e sono sempre la solita grassona. L’ospedale è strapieno e non trovo il tempo per fare nient’altro. Il lavoro è molto e qualche volta sono stanca, ma non cambierei la mia vita con nessun’altra. Durante il 1974 abbiamo avuto 65 mila presenze, quasi 200 malati al giorno. Abbiamo lavorato come delle trottole.

Qui siamo in stato di guerra. Mi sembra di essere tornata nel ’44. Mi auguro che l’indipendenza venga presto, senza tanto spargimento di sangue. In questi periodi di emergenza si vede quanto ci si vuol bene. Ogni volta che prendo l’autoambulanza per una chiamata, c’è sempre un paziente o una suorina africana che si offre per difendermi, per dividere il pericolo che corro io europea. Questo è tanto bello. Mi sembra quasi che sia l’anticamera del Paradiso. Stiamo vivendo un periodo politico delicatissimo e alquanto confuso. C’è la guerriglia. Ci sono mine più o meno in ogni strada. Si esce con l’autoambulanza, ma non si sa se si torna.

Ieri a cena, al Centro Sociale Cattolico, avevo vicino a me due prigionieri politici. Le due facce, i discorsi di questi africani mi hanno impressionato profondamente. Ambedue cinquantenni con chiari segni di sofferenza nel volto, parlavano dell’avvenire della Rhodesia con estremo equilibrio, maturità, visione cristiana. Entrambi si erano laureati in prigione. Parlavano sottovoce, senza lamentarsi, senza vantare diritti. Guardandoli mi sentivo molto piccola e pensavo che questi due avevano tutta l’aria di pagare di persona la pace chiedendola prima di tutto a Dio, perché solo Lui può darla. Come è bello incontrare qualche volta degli autentici cristiani.

Ora chiudo. Scrivimi. Affettuosamente, Luisa

  1. VIDEO: Contributo di Alex Zanotelli        alla comunità modenese e a Luisa Guidotti
  •  Canzone: Blowin’ in the wind (Bob Dylan) sfumatura dopo 2,20 minuti  https://youtu.be/EuGfUf0VrJA?t=27

2° lettore ___________________________

DAL LIBRO: (Figli di un dio cattivo, pag. 27)

Quando la vita non ti prospetta né presente né futuro. Quando non puoi proteggere né affetti né beni essenziali. Quando il Dio che credevi di amare sta sempre con la parte avversa e ti senti solo, abbandonato, senza vie d’uscita. Quando non ti resta nulla da difendere se non un’idea delirante, allora si può anche credere che ci sia un dio che voglia la tua morte e quella degli altri …

 È’ come se ci armassimo da Rambo e cominciassimo a sparare ad ogni ombra per la missione esagerata di uccidere una mosca fastidiosa. Faremmo più danni che utile, quando bastava aprire la finestra e farla uscire. Noi occidentali siamo così. Pensiamo di essere in grado di esportare la democrazia, quando basterebbe esportare un poco di amore, di rispetto, di sapore della vita. Ed invece andiamo a casa altrui con una scusa, entriamo senza essere stati invitati e ci restiamo fin quando decidiamo noi. Ci sistemiamo come un dio che ha potere di vita e di morte su ogni essere vivente. Siamo lì per controllare i nostri interessi ed intanto decidiamo chi deve vivere e chi deve morire…

 Gerusalemme deve essere nostra. “Perché avete iniziato da Deir Yassin?” Il posto non era importante. Te lo sto dicendo. Un villaggio dopo l’altro, non faceva differenza. A quel punto ho detto: senza esclusione di colpi. Fate saltare tutte le case che potete, uccidete chiunque spari. Hanno allineato 10-15 arabi contro il muro… uomini, donne, bambini e gli hanno sparato. Avevamo con noi 28 bombe. Ci avvicinavamo a una casa, piazzavamo una bomba… ci mettevamo al riparo… e poi facevamo saltare con tutti quelli che c’erano dentro. Chi aveva mai visto dozzine di morti prima di allora? Donne e bambini fatti a pezzi dalle granate gettate dentro le case. Una famiglia è seduta in una stanza. Ci butti dentro una granata … e ovviamente li fai tutti a pezzi. Casa dopo casa… le facevamo saltare tutte. E la gente scappava. Erano terrorizzati. Dopo le esplosioni erano ancora sotto shock. Entravamo noi e sparavamo in tutte le direzioni.

Da: “Nato a Deir Yassin” film documentario israeliano. Il massacro dei palestinesi raccontato dai novantenni ex-militari sionisti.

  3° lettore___________________________

DAL LIBRO: (Padre Nostro, pag. 164)

Mi chiedo come possano sentirsi giustificati coloro che, anche indirettamente, lavorano o collaborano alla produzione ed alla vendita di armi che smembreranno le carni di bambini e famiglie innocenti. Per quanto il lavoro sia indispensabile per mantenere le loro famiglie, non è pensabile che qualcuno possa ritenersi giustificato. Non è giustificato neppure il camionista che trasporta rifiuti tossici che provocheranno gravi malattie e semineranno dolore. Non possono essere perdonati neanche l’imprenditore che ci lucra e l’operaio omette la denuncia. Non si può servire allo stesso tempo Dio e mammona. Per l’uomo Dio è davvero Padre e come un figlio si aspetta un’attenzione particolare ed un amore unico. Peccato che non siamo figli unici, siamo figli dello stesso Padre e dunque fratelli. Questa è la cosa difficile. Noi diciamo: «Padre Nostro» e pensiamo: «Padre mio» Padre Nostro o Padre Mio? Perché pensiamo che la confessione sia una questione privata fra me e Dio? È un peso che grava su tutta la comunità. Come in una barca: o ci si salva insieme o si muore insieme ed a tutti conviene collaborare per raggiungere la salvezza che è il porto. Non ha senso combattersi, farsi la guerra, rubarsi le cose. Perché siamo tutti sulla stessa barca ed abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. In certi frangenti potrebbe sembrarci vantaggioso approfittare della nostra posizione di forza o di potere per avvantaggiarci sugli altri. Ma se poi la barca cola a picco, non si sarà troppa soddisfazione a morire come i più ricchi del battello.

4.   Canzone:  One love  (Bob Marley) sfuma dopo 2,10 min.

  4.  VIDEO: Shona con gli Shona  interrompere al min. 7,30  https://youtu.be/qIAlgoLvPYE?t=136  

4° lettore ___________________________

DAL LIBRO: (Se c’è Hitler non è il Paradiso, pag. 129)

Se leggiamo il Vangelo potremmo pensare che chiunque, anche il peggior criminale, possa in punto di morte, convertirsi e dunque salvarsi. Non sarebbe piacevole trovarsi in Paradiso faccia a faccia proprio con Hitler. È una situazione plausibile o una paura infondata? “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, lì mandò nella sua vigna.” Ma a fine giornata il padrone ci sorprende pagando tutti con un denaro, indipendentemente dalle ore lavorate. È una ingiustizia? Certamente. La parabola sottolinea nettamente l’ingiustizia, ma anche che questa possibilità fosse inclusa nell’accordo. Quindi del tutto lecita. Fatta la legge, scovato l’inganno: basta convertirsi prima di morire e si potrà avere un salvacondotto che ci liberi dalle conseguenze di una vita spregiudicata, dissoluta, egoista, criminale. Ma sarà proprio così? Possiamo pensare seriamente di mettere nel sacco il nostro Dio? Di vivere come se non ci fosse un Dio per poi riconoscerlo solo in punto di morte?…   

 Terribili le notizie su Gaza. Le immagini dei quartieri bombardati hanno il sapore dell’assurdo. Mostrano l’arroganza dei potenti che si sentono invincibili e ci tengono a dimostrarlo a tutto il mondo senza rendersi conto che mostrano solo la loro disumanità. La guerra è una bestia che mostra ogni volta il suo lato peggiore. Un drone inquadra a Gaza due giovani che ritornano a piedi da un punto di distribuzione degli aiuti. Non è Hamas, sono giovani che tornano alle loro famiglie e alla loro vita. Il drone li inquadra e fa fuoco. Inceneriti. Perché? Che senso ha? Dei bambini piangeranno aspettando invano i fratelli maggiori partiti per andare a ritirare il cibo e non più tornati. Ora il mondo è più sicuro, più pulito, più giusto? No di sicuro. Quando diamo a degli uomini, tramite un’arma, un mezzo, uno schermo o drone, la possibilità di condannare a morte in cinque secondi delle persone civili, disarmate e incolpevoli, responsabili solo dell’appartenenza a un popolo o una etnia, siamo tutti colpevoli. Ma senza scuse sono specialmente coloro che sostengono la necessità di finanziare il riarmo per future nuove guerre. Tacere e non fuggire da simili politici con queste prospettive, significa preparare per noi stessi e per i nostri figli un imminente futuro dove la guerra e i civili saranno il teatro di uno scontro di inciviltà e dove ogni giorno non sapremo mai se ci troveremo dalla parte delle vittime o dei carnefici.

5° lettore  ______________________

DAL LIBRO: (L’incubo dello schiavismo, pag.222)

Se capitasse proprio a te. A te che stai leggendo adesso queste righe. Svegliato nel bel mezzo del sonno e trovarti in casa persone non invitate, non conosciute e propriamente non educate. In sostanza persone armate che mettono a rischio la tua vita e quella dei tuoi cari. Vi legano e vi trascinano fuori così come siete. Senza lasciarvi prendere nulla, manco i documenti. Venite accostati ad altri come voi in strada, mentre increduli vedete che ad altri è pure andata peggio: a terra in un lago di sangue. Un incubo. Il gruppo si muove e voi con loro. Ore ed ore di cammino senza dove. Senza soccorso e senza spiegazioni. Così ancora per giorni interminabili. Poi una nave. Caricati sopra come bestie ed ancora ore ed ore senza sapere che futuro vi aspetta. Poi lo sbarco e il rituale. Chi compra e chi vende. Schiavi, siete schiavi. Nessuna possibilità di tornare indietro. Schiavi per sempre, voi ed i vostri figli. E questa non è la sceneggiatura di un film, ma è quello che è accaduto veramente a milioni di africani e non per pochi anni, ma per centinaia di anni. Mentre Michelangelo affrescava la Cappella Sistina o scolpiva la Pietà e fiorivano le belle arti del Rinascimento, i Governanti europei di Spagna, Portogallo, Inghilterra, Francia, Danimarca e Paesi Bassi commissionavano a dei negrieri la cattura degli africani da inviare nel nuovo mondo. Ridotti in schiavitù, sarebbero stati utilizzati nelle miniere, nelle piantagioni di tabacco, di canna da zucchero e di cacao. Mentre negli italiani di oggi si scontrano pietà e insofferenza, contrapposti sentimenti verso gli immigrati, l’attuale flusso immigratorio dall’Africa spaventa l’Europa che non trova soluzioni adeguate se non quelle dell’istintivo protezionismo dei confini. Ma per trovare soluzioni piuttosto che ripieghi, per marcare il confine fra buonismo e razzismo, bisogna parlare della schiavitù. Capire quale è stato il suo costo e quale il vero e pesante debito che abbiamo contratto …

 

6° lettore  _______________________

DAL LIBRO: (Il Colonialismo Belga, pag. 251)

Nel 1885 i governanti delle principali potenze europee, seduti attorno a un tavolo a Berlino, decisero arbitrariamente di spartirsi un continente ancora misterioso, l’Africa. Irrispettosi di legami etnici e comunitari, i leader europei disegnarono confini arbitrari che avrebbero delimitato i nuovi possedimenti coloniali. Con il cosiddetto scramble for Africa, i Paesi europei fecero del continente africano un nuovo teatro del loro confronto sempre più acceso, che avrebbe portato poi ai due conflitti mondiali. Nel 1885, Leopoldo II re del Belgio riuscì a impossessarsi di un immenso territorio, 76 volte più grande del Belgio, ricoperto di foreste nel cuore dell’Africa. Quello che interessava veramente a re Leopoldo II era una resina che si ricavava incidendo la corteccia dei cosiddetti alberi della gomma e si raccoglieva in recipienti messi ai piedi del tronco.

Era il caucciù, una sostanza naturale che era destinata a diventare il precursore della plastica. E ciò spinse Re Leopoldo ad arruolare con la forza la manodopera congolese, per far fronte alla crescente richiesta di caucciù. I suoi sgherri – armati di fucili, fruste e machete – rastrellavano i villaggi e obbligavano gli abitanti a recarsi nelle piantagioni dove dovevano lavorare senza alcun compenso. Anche i bambini di pochi anni erano costretti a lavorare per dieci-dodici ore al giorno nelle piantagioni di Re Leopoldo. Chi si rifiutava veniva punito brutalmente all’istante, in modo tale che fosse da esempio per gli altri. Non meno crudele era la sorte riservata a coloro che non riuscivano a produrre la quantità richiesta di caucciù. A decine di migliaia di persone furono mutilate parti del corpo: soprattutto mani, piedi e orecchie. E alle giovani donne persino le mammelle.

7.  Canzone: Il mio nome è mai più (Ligabue & Piero Pelù & Jovanotti) sfumatura voce da 1,40 minuti

7° lettore  _______________________

DAL LIBRO: (Thomas Sankara: la felicità che fu, pag. 242)

Noi tutti dovremmo conoscere e rendere omaggio a questo leader e martire africano. Sankara aveva capito che il debito contratto con i Paesi del Nord era la nuova forma di colonialismo per tenere sotto scacco i Paesi in via di Sviluppo. Se l’Africa è ancora oggi soffocata dal debito, offesa dalle guerre e costretta a rinunciare alle nuove generazioni che fuggono verso l’Europa in cerca di futuro, è responsabilità di chi ha voluto e vuole tenere l’Africa in schiavitù e non vuole riconoscere i suoi diritti e la sua legittima autodeterminazione. Sankara presentò la sua denuncia a New York, il 4 ottobre 1984, alla 39ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Thomas Sankara tenne un altro coraggioso discorso all’Organizzazione dell’Unità Africana tenutasi nel 1987 ad Addis-Abeba, in Etiopia. «Signor Presidente, vorrei che potessimo parlare della situazione economica dell’Africa, del problema del debito estero. Poiché questa, tanto quanto la pace, è una condizione importante della nostra sopravvivenza. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito e se non ripaghiamo il debito, potremo usare le immense potenzialità dell’Africa per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza braccia e un mercato immenso.

Signor presidente, facciamo in modo di limitare la corsa agli armamenti tra paesi deboli e poveri. Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Vorrei semplicemente dire che dobbiamo accettare di vivere africano. E’ il solo modo di vivere liberi e degni». Dopo pochi mesi Thomas Sankara è stato assassinato …

8. Canzone: A cosa serve la guerra (Edoardo Bennato) sfuma da 1,40 min.   https://youtu.be/EQJTpCpj3fo 

8° lettore __________________________

DAL LIBRO: (Colonialismo francese, pag.261)

Se nel dopo guerra la Francia si è rapidamente affrancata come potenza mondiale, ciò è dovuto principalmente alla sudditanza economica e politica di numerosi stati africani la cui storia è stata stravolta e condizionata dagli interessi francesi. Quando Sékou Touré della Guinea decise nel 1958 di uscire dall’impero coloniale francese e optò per l’indipendenza del Paese, l’élite coloniale francese a Parigi era così furiosa, che distrusse nel paese tutto ciò che rappresentava quello che chiamavano i vantaggi di colonizzazione francese. Tremila francesi lasciarono il paese distruggendo tutto ciò che non poteva essere spostato. Scuole, asili, edifici della pubblica amministrazione sono stati tutti sbriciolati. Automobili, libri, medicine, strumenti dell’istituto di ricerca, trattori sono stati schiacciati e sabotati. Cavalli, mucche nelle aziende sono stati uccisi e il cibo nei magazzini è stato bruciato o avvelenato. Lo scopo di questo atto oltraggioso è stato quello di inviare un messaggio chiaro a tutte le altre colonie africane.

In quel periodo turbolento della storia africana, la Francia ha ripetutamente utilizzato molti ex legionari stranieri per effettuare colpi di stato contro presidenti africani democraticamente eletti. In questo preciso momento ancora 14 paesi africani sono obbligati dalla Francia, a pagare un debito coloniale e a mettere l’85% delle loro riserve valutarie nella banca centrale di Francia sotto il controllo del ministro francese delle Finanze. I leader africani che rifiutano vengono uccisi o sono vittime di colpi di stato. Coloro che obbediscono sono supportati e ricompensati dalla Francia con uno stile di vita sontuoso, mentre il loro popolo deve sopportare condizioni di estrema povertà e disperazione. La Francia ha tutt’ora il diritto di acquistare per prima tutte le risorse naturali presenti nelle sue ex colonie. Molti altri balzelli impediscono la lavorazione in loco delle materie prime, l’esportazione diretta di diamanti, petrolio, oro e coltan. Inoltre le aziende francesi possiedono e controllano tutte le maggiori utilities come acqua, elettricità, telefono, trasporti, porti e grandi banche. La Francia che comanda mezza africa tiene attualmente più di diecimila soldati in presidi permanenti in vari stati africani, ma non lascia passare un solo profugo alla frontiera italiana di Ventimiglia.

9. Canzone: Soldati buoni e soldati cattivi (Luca Bassanese) sfuma da 1,40 min.  https://youtu.be/NFCo_AHI5Zc 

9° Lettore ________________________

Don Lorenzo Milani scriveva: “A teologia morale ho studiato il principio di diritto romano della responsabilità in solido. Il popolo lo conosce sotto forma di proverbio: «Tant’è ladro chi ruba che chi para il sacco». Quando si tratta di due persone che compiono un delitto insieme, per esempio il mandante e il sicario, tutti capiscono che la responsabilità non si divide per due. A dar retta ai teorici dell’obbedienza, dell’assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque quello sterminio non è mai avvenuto perché non ha autore. C’è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto. A questo patto l’umanità porrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo progresso tecnico”.

DAL LIBRO: (Pericolo numero uno: l’obbedienza cieca, pag. 200)

L’obbedienza non è davvero una virtù, direi piuttosto che spesso sia solo una pigrizia, una scusa, una giustificazione per non assumersi in coscienza le proprie responsabilità. L’obbedienza è come il codice stradale per l’automobilista. Il codice stradale è composto da regole che permettono a tutti di circolare limitando gli incidenti. Ma ogni regola del codice stradale non è mai assoluta, è sempre relativa alla situazione. Se, per esempio, ti avvicini ad un incrocio col verde e vedi che dalla traversa proviene un camion che non pare rallentare, non è sensato proseguire a tutta velocità pensando di aver comunque la precedenza. Se si arriva all’impatto fra i due veicoli, nessuno ci guadagna, neppure quello che aveva la precedenza. Così l’obbedienza ad una persona che è stata stabilita capo di pochi o di molti, è una luce che illumina il cammino, ma non è una regola assoluta. Ci sono altre regole, che sono quelle della propria coscienza, che sono più importanti. “L’obbedienza non è più una virtù”, è un messaggio profetico che, se fosse stato raccolto e valorizzato appieno a livello globale, avrebbe potuto evitare tante morti e tanto dolore. L’obbedienza non è più una virtù, perché se Mussolini o Hitler o Stalin o Pol Pot e così via, se invece di trovarsi accanto servi ubbidienti, avessero trovato persone pensanti, con una coscienza, con un intelletto che gli avessero risposto: “ma tu non ci stai con la testa, fatti curare!” al mondo ci sarebbero stati milioni e milioni di morti in meno e molte, molte meno guerre. Perché l’obbedienza non copre la nostra responsabilità personale. È criminale tanto chi ordina, quanto chi esegue perché se mancasse l’uno o l’altro, probabilmente il male non riuscirebbe a prevalere.

10. Canzone: Dio è morto (Francesco Guccini)sfuma da 2° minuti https://m.youtube.com/watch?v=c6jUx1Gih4c&feature=youtu.be

10° Lettore _______________________________

Mentre il mondo è insanguinato dal genocidio di Gaza e dalla guerra economica contro la Russia, facciamo luce su una recente guerra presentataci come intervento umanitario e che invece nascondeva il protezionismo di interessi postcoloniali. La Libia: a guardarla ora, la si potrebbe definire: «una fabbrica di dune, un sacco di sabbia sventrato, un vuoto soffocante e torrido come il deserto che da millenni la ricopre: il Sahara ». Pensare che fino al 2010 era uno dei Paesi africani dove si viveva meglio e dove gli utili del petrolio nazionalizzato erano distribuiti fra tutta la popolazione.

Gheddafi nel 1969, con un colpo di Stato contro il Re Idris I, prende il potere. Abolisce le elezioni e tutti i partiti politici. Nazionalizza la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere e chiude le basi militari statunitensi e britanniche. Gheddafi usa i dollari derivati dal petrolio e dal gas naturale per sviluppare il Paese: nuove strade, scuole, ospedali, università, case popolari a bassissimo prezzo, industrie e sviluppo agricolo. Si dota di armi nel tentativo di proteggere il proprio Paese. Per portare l’acqua dal deserto alle città costiere di Tripoli, Bengasi, Sirte e Tobruch, fa costruire da un’impresa sudcoreana il Grande Fiume Artificiale, l’acquedotto più grande del mondo: quattromila chilometri di condutture di calcestruzzo del diametro di quattro metri sepolte nella sabbia che hanno una portata complessiva di sei milioni di metri cubi d’acqua al giorno. L’acqua strappata alle profondità della terra permette la fioritura del deserto: un lago di trentacinque chilometri di lunghezza e campagne coltivate dove vent’anni prima non c’era nulla. Gheddafi manda le bambine a scuola e le ragazze all’Università, abolisce la poligamia e vara leggi in favore della donna anche nel matrimonio. A Tripoli, fonda una scuola per addestrare donne poliziotto. Tutela la libertà religiosa.

Poi, scoppia la guerra a spazzare via tutto: una guerra fomentata dagli interessi della Francia e degli USA messi in pericolo dalla creazione di una moneta panafricana unica. Così quarant’anni di sviluppo saggio e intelligente tramite una buona gestione degli utili del petrolio, scompaiono sotto le “democratiche” bombe occidentali. Si parlò di bombardamenti sui civili e di «stupri di massa» compiuti dai militari di Gheddafi. Insomma, si è fatto di tutto perché i cittadini occidentali accettassero di buon grado l’intervento dei loro Paesi nella guerra libica. Un intervento volto piuttosto a tracciare nuove sfere di influenza energetiche ed economiche. Gheddafi è stato ucciso a sangue freddo, senza processo, a Sirte il 20 settembre 2011, mentre, ferito e ormai vinto, tentava di nascondersi. Il Consiglio Nazionale Libico di Transizione, che sta guidando ora la Libia post-Gheddafi, ha introdotto la Sharia, la legge islamica fondata sul Corano. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch parla di abusi, torture ed uccisioni commesse dai vincitori nei confronti dei vinti, perché la Libia ha per tradizione lo scannamento delle tribù avversarie. Uno Stato moderno, in pochi giorni è tornato al Medioevo! Ricordiamo perciò chi sono i responsabili. Ogni volta che andiamo a fare la spesa, votiamo, cioè scegliamo da che parte stare. Perciò cerchiamo di non essere complici di queste politiche omicide.

  1. Canzone: Il disertore (Ivano Fossati) lasciare tutta 1,40 minuti  https://youtu.be/rya6935J-u0   

11° Lettore _______________________________

Dal libro: (Il bene comune, pag. 178)

La preda principale dell’uomo è sempre l’uomo. Le quasi duecento guerre in atto nel mondo oggi, sono per lo più animate, sostenute e benedette dalle nazioni di professione cristiana. Una vera e propria bestemmia per la fede che rispetta ogni uomo come un fratello. Eppure ci si uccide ancora senza misura, senza pietà, senza il minimo ritegno. Non c’è niente da cambiare o da cancellare della vita di Gesù come ci è stata riportata. Ma se la Chiesa dopo duemila anni continua a parlare di sofferenza e non di gioia, bisogna chiedersi se ci sia qualcosa di sbagliato nella trasmissione del messaggio cristiano. Perché se è così, poi assorbiamo questo insegnamento giustificando la sofferenza come una cosa ineluttabile, intrinseca nella natura e nella storia dell’uomo. Ma non è vero. L’uomo non è uno scherzo venuto male. Non siamo chiamati a soffrire e patire tutta la vita. L’annuncio di Gesù come Buona Novella è che siamo chiamati alla gioia, alla felicità, a vivere insieme, a rispettare le culture e le idee differenti. Ad amarci come Gesù ci ha insegnato. Gesù non ci ha detto: “Soffrite e morite come io vi ho insegnato” ma, al contrario: “Amatevi come io vi ho amato”. L’amore è il messaggio di Gesù, non il dolore. Gesù parlava, insegnava, spiegava usando esempi tratti dalla vita quotidiana di allora. La Chiesa non deve essere solo l’eco sordo di quelle parole. Quelle erano parole di vita e bisogna che la Chiesa riprenda ad annunciare con parole di vita, attuali, scomode, veritiere, di scandalo come quelle che Gesù viveva allora. Ripetere oggi le favolette innocue di 2000 anni fa non scomoda nessuno dei potenti di oggi. Un Gesù vivo nella Chiesa di oggi parla ancora e scandalizza non per quello che ha sofferto 2000 anni fa, ma per quello che soffre oggi. Oggi, nelle piaghe della pelle di ogni uomo che soffre abbandonato o bombardato, ammalato o inquinato, sfruttato o umiliato, respinto o ingiuriato, violentato o ingannato.

David Maria Turoldo scrive: «Tempi malvagi mi sono toccati in sorte, stagioni che non accettano a mutare. È notte. Una grande notte incombe sulla Chiesa. Il Concilio uno scialo di speranze. Sempre più rara, dovunque la Parola, mentre di inutili parole, a ondate, rimbomba il mondo».

12. Canzone: “Knocking on heaven’s door” (Bob Dylan)  

sfuma dopo il 2° minuto  https://youtu.be/JgEiM_-JetQ?t=20

12° lettore ____________________

La legge italiana n.185 del 1990 vieta l’export, l’import e il transito di materiale bellico verso paesi in guerra o in cui ci sono gravi violazioni dei diritti umani. Ma l’Italia e l’Europa delle complicità e delle ipocrisie, non hanno mai smesso di finanziare i paesi in guerra. Lo fanno ogni giorno, in silenzio. Sotto copertura. Lo fanno con fondi pubblici che passano per la ricerca scientifica, la cooperazione accademica, gli scambi culturali. Sotto la superficie, scorre un flusso continuo di legittimazione e di denaro che alimenta un sistema coloniale, di apartheid e di guerra permanente. L’Europa arma anche Israele e viceversa. Solo nel 2024, Israele ha venduto circa 8 mld $ di tecnologie militari a Paesi europei. Insomma, a Gaza piovono bombe e da Bruxelles piovono miliardi. L’Europa di Ursula Von Der Leyen – che ha appena svenduto il Vecchio Continente a Trump – non solo chiude gli occhi di fronte al Genocidio in atto a Gaza, ma ha messo la sua bandiera accanto a quella di Israele, anche quando questa gocciola sangue.

Ma le bombe su Gaza parlano anche italiano. Leonardo S.p.A., controllata dallo Stato per il 30,2%, è la locomotiva dell’export bellico tricolore che ha esportato dal 2019 al 2023 armamenti per più di 26 milioni di dollari: i cannoni navali montati sulle Sa’ar che martellano la Striscia, trenta jet M-346 del valore di due miliardi di dollari, poi dodici elicotteri Koala, radar, rimorchi, tutto made in Italy. Un patto d’acciaio. La guerra moderna si guida con algoritmi, si vede con satelliti, si coordina con server criptati. Quando piovono bombe e si colpiscono ospedali, scuole, palazzi, tende, qualcuno ha prima tracciato il bersaglio. Qualcuno ha ricevuto dai satelliti le comunicazioni sicure. Quel “qualcuno” si chiama Telespazio. Telespazio è una Joint venture tra Leonardo e il colosso francese Thales. Lavora con le forze armate israeliane, direttamente o attraverso alleanze NATO. La Fincantieri italiana costruisce navi da guerra. Ha collaborato con Israele per lo sviluppo delle corvette Sa’ar 6, le stesse che oggi incrociano davanti alla costa di Gaza, pronte a sparare. AID, Ente pubblico del Ministero della Difesa. È il cuore industriale della Difesa italiana: produce munizioni, collauda sistemi bellici, costruisce navi. Secondo la Relazione alla Legge 185 (2023), l’AID figura tra gli esportatori italiani di armamenti verso Israele. ELT Group fornisce tecnologie agli F-35 israeliani, quelli che volano sopra Gaza e sganciano “chirurgicamente” tonnellate di esplosivi. Avio Aero del Gruppo General Electric, produce motori per droni e F-35. Infine Beretta. L’arma individuale più famosa d’Italia. Presente in Israele con pistole e fucili, da tiro e da guerra. Ogni insediamento ha la sua sicurezza privata. Ogni sicurezza privata, la sua pistola italiana.

Dopo il 7 ottobre 2023, per i contratti precedenti oggetto di consegna, sono state autorizzate esportazioni militari verso Israele per 34 milioni di euro. Guerra è business. E l’Italia ci mangia bene. Nessuno si gira dall’altra parte. Perché l’altra parte è dove piovono le bombe. E sono anche le nostre.

  1. Canzone: La riva bianca la riva nera (Iva Zanicchi) sfuma dal 2,10 minuto   https://youtu.be/pA4CpFC8NIg    

13° lettore ____________________

DAL LIBRO: (Guai ai ricchi, pag. 174)

Sarà una banalità, ma questa è la sintesi estrema di tutti i problemi dell’umanità. La ricchezza con qualunque mezzo e col diritto a difenderla con qualunque mezzo, è il volano di una economia a misura di pochissimi super ricchi e moltissimi super poveri. Ma perché è così complicato essere ricchi e giusti, ricchi e solidali? Gesù non ne fa mistero: “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada in paradiso”. Ma ci sono stati ricchi che hanno venduto o rinunciato a tutti i propri averi per dedicarsi ai poveri, come San Francesco. Quindi non impossibile. Senza neppure scomodare i santi, diversi imprenditori di successo, come ad esempio Adriano Olivetti, hanno saputo coniugare profitto e solidarietà. Questo libro è dedicato a lei, quindi non posso dimenticare di citare Luisa Guidotti Mistrali. Nel brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci, inoltre c’è la ricetta per una felicità accessibile a tutti: c’è da sfamare 5000 uomini, più le donne e i bambini. “Cosa c’è a disposizione?” “Pochissimo, qualche pane e pochi pesci…” Gesù detta la soluzione: “condividiamo quel poco che abbiamo!” Eliminata la paura che l’altro ti rubi del tuo e compreso che la condivisione è un vantaggio reale per tutti, accade che: “tutti mangiano e vengono raccolte varie ceste di avanzi”. Quindi il vero miracolo non è la “moltiplicazione” dei pani e dei pesci, ma la “condivisione” che rende possibile lo sfamare tutti. Se sapremo condividere le risorse della terra, ce ne sarà per tutti, per i ricchi e per i poveri, con abbondanza.

Quando un bambino, una mamma, un giovane tendono una mano fuori dall’acqua per cercare un salvatore dopo che la barca si è rovesciata. E lì a salvarli non c’è nessuno, perché l’imbarcazione della Ong che poteva esserci, è stata fermata in porto per un sequestro amministrativo, colpevole solo di avere salvato migranti. Allora la politica non è neutrale, ma colpevole. E chi la sostiene altrettanto. E sostenere questa politica stragista non è una libera scelta accettabile per un cristiano. Deve essere ben chiaro e bisogna gridarlo da tutti gli amboni delle chiese, che quelli che votano quei partiti che fanno campagna elettorale sulla pelle dei migranti, sono in peccato mortale. E non basterà un sacerdote per toglierselo. Davanti ad una tragedia aperta e sanguinante come quella del popolo migrante, la posizione neutrale non esiste. Bisogna schierarsi. Non si può stare con Dio e contemporaneamente con Mammona, o si sceglierà l’uno o l’altro. Chi non si schiera non è neutrale, è complice. Troppe volte, anche oggi, la Chiesa è stata complice degli interessi dei potenti, non tanto per la mancanza di coraggio a schierarsi coi poveri, quanto per la mancanza di coraggio a denunciare i loro aguzzini. Così stare dalla parte di Dio e quindi dalla parte degli ultimi, richiederà il coraggio di rompere un ordine costituito. I tiepidi, quelli che hanno sempre paura a sbilanciarsi, dice l’Apocalisse, Dio li vomita dalla sua bocca. Perciò basta con le guerre. Basta con la vendita delle armi a popoli impoveriti, basta a tutta questa disumanità. Recuperiamo la nostra civiltà, la nostra capacità di accogliere, di ascoltare, di capire, di imparare. Recuperiamo la capacità di conoscere, di accogliere e di contaminarci con culture diverse come un arricchimento e non con la paura del diverso, del lontano, dell’immigrato.

14. Canzone: CASA MIA (Ghali) fino alla fine

14° lettore___________________________

Quando la politica sdogana un atteggiamento razzista verso i più deboli della società, accusandoli di essere il problema, l’invasione e la colpa di tutto quello che non va nella società, dobbiamo preoccuparci. Ci sono stati precedenti che non ci possono lasciare tranquilli. Non basta pensare: io non sono tra quelli. Il concetto fondamentale è che non ci si salva da soli. Gesù chiarisce come alla fine dei tempi non sarà chiesto un bilancio personale: sei andato a messa? Peccati? Tradimenti? Cattiverie? No, chiederà: avevo fame, mi hai sfamato? Avevo freddo, mi hai vestito? Ero solo, straniero, mi hai aiutato? Chiederà come ci siamo rapportati nei confronti del nostro prossimo. Se abbiamo riconosciuto il Cristo nel nostro prossimo, in quel “Cristo povero o povero Cristo”.

Questo libro non solo mira a ristabilire la verità e la completezza dell’informazione della causa migratoria, ma anche a formare un cittadino cosciente dell’ importanza del voto elettorale. I politici sono quelli che spartiscono la torta dell’economia. Invece che gratificare i cittadini con servizi efficienti, approfittano del potere per dividere la torta dell’economia per interesse proprio e della propria parte politica. Prendono 9/10 della torta, poi mettono le briciole rimaste in competizione fra i cittadini e gli extracomunitari. I cittadini rispondono disertando il voto o accettando la competizione fra poveri che alimenta un sentimento razzista fra la gente. Non c’è verso, gli elettori italiani non protestano e non cambiano! Continuano a farsi catechizzare dalle televisioni ed a votare i soliti delinquenti: inquisiti, indagati, corrotti e condannati. E’ una politica che annaspa cercando rimedi autoritari invece che soluzioni. Una soluzione facile ci sarebbe. Il migrante che parla una lingua europea, non è perchè vuole sfoggiare una cultura che non gli appartiene, ma è perché è stato colonizzato da quella nazione europea che per secoli si è servita in casa altrui di risorse naturali, della loro forza lavoro ed ha imposto l’idioma dei colonizzatori. Pertanto se ne deve prendere carico chi ha prodotto questa forzatura per proprio interesse, indipendentemente da dove il migrante sia sbarcato. Se poi il Paese europeo non accettasse comunque la forza migratoria che gli compete, dovrebbe essere sanzionato e delle multe dovrebbe poi beneficiare il Paese in cui rimangono i migranti ospiti, non per assistenzialismo, ma per la loro integrazione nel tessuto sociale. Come vedete una soluzione c’è, ma non la vogliono perché è nella continua emergenza che il politico prospera promettendo soluzioni.

  1. Canzone: Italia d’oro (Pierangelo Bertoli)  fino alla fine   https://youtu.be/l_Yyx5OvWG0?t=105

15° lettore___________________________

I migranti sono come il dito che indica la luna. Lo stupido guarda il dito e non la luna. E noi italiani, europei e tutti gli altri, siamo quegli stupidi perché da anni ci ostiniamo a guardare il dito e non la luna, cioè l’Africa o il medio-oriente. E proviamo in tutti i modi a fare abbassare quel dito ai neri che arrivano a scomodarci a casa nostra per le sofferenze che da anni, o per meglio dire da secoli, noi occidentali procuriamo a loro in casa loro. Rubando, corrompendo, uccidendo leader africani non graditi, imponendo loro politiche economiche e sociali distruttive. La migrazione africana e mediorientale che tanto inquieta l’occidente infatti è solo la punta di un iceberg di sofferenza, di emarginazione e di morte a cui sono condannati i popoli di quasi due continenti che lanciano come frecce impazzite questi dardi di dolore. Ormai è così normale che muoiano in mare migranti che non ci si chiede più se ci siano dei colpevoli. Colpevoli, perché non possiamo nasconderci dietro un dito: la tratta dal nord- Africa alla Sicilia è minore di quella giornalmente percorsa dai traghetti che collegano la penisola italiana alla Sardegna dove logicamente non muore mai nessuno. Perciò bisogna chiederci chi siano i responsabili delle morti in mare in ogni occasione. Bisogna chiamare assassini e dunque processare quelli che dispongono ed ordinano ai loro sottoposti di ignorare le richieste di aiuto, “omissione di soccorso”. Ma anche quelli che supportano la mafia libica, omaggiata dai politici italiani di motovedette italiane, che alle volte sparano verso i migranti e li fanno affogare, oppure li sequestrano per riportarli in Libia, dove è risaputo vengono torturati, imprigionati e ricattate le famiglie per avere più soldi. Questo viene disposto ignorando i diritti alla protezione internazionale dei profughi provenienti da paesi in guerra. Questa è l’Italia, questa l’Europa: noi cristiani, noi civilizzati, noi acculturati, dipingendo come invasione gli ambasciatori di due continenti insanguinati, non siamo neppure capaci di offrire ad una piccola minoranza uno straccio di civiltà, di umanità, di accoglienza.  

16. Canzone:  Il mondo che vorrei (Laura Pausini)sfuma dopo 3.50

16° Lettore ________________________

Nei territori di guerra e nella lotta per la sopravvivenza nei barconi abbandonati a naufragi inascoltati, quanti bimbi e giovani padri o madri, avrebbero desiderato almeno affidare l’ultimo respiro ad un viso amico. In loro nome, con coraggio, senza sosta, per le loro vite interrotte, per quelli che per tanti sono solo i numeri approssimativi delle vittime di un naufragio o di un giorno di guerra, cerchiamo noi oggi di raccogliere idealmente quelle voci abbandonate. Sentiamoci vicini, fratelli, figli, padri e madri di queste vittime che hanno un nome e una storia che può continuare solo se genererà oggi il nostro impegno, la nostra solidale responsabilità. Tornati a casa possiamo cominciare col guardare il bellissimo film di Matteo Garrone: “IO CAPITANO”. Così quando ci racconteranno della ennesima strage con la stima di un numero presunto di vittime, sapremo immaginare per ciascuno di loro i volti, le storie, le loro speranze.

Ultimamente il “male strutturato”, assumendo le sembianze della politica, si è concentrato sui “campi di internamento per stranieri”. Altro non possono essere definiti infatti i CPR – Centri per il Rimpatrio – ovvero galere per persone che non hanno commesso alcun reato. Il governo, dopo la strage di Cutro, ha aumentato fino a un anno e mezzo l’internamento dentro “strutture gestite dall’esercito” che dovranno sorgere in ogni regione, per punire con la detenzione chi è arrivato fino a noi chiedendo asilo. I CPR richiamano tragicamente la stessa logica dei campi di concentramento nazisti. Dentro questi campi, come allora, avvengono le cose peggiori ed indicibili, come l’uso massiccio di psicofarmaci che rendono delle larve umane gli internati, o le botte delle squadre di carcerieri che agiscono fuori da ogni controllo, come ben documentano inchieste approfondite e ben note.

Ma il Mediterraneo, passato da culla della civiltà a tomba della dignità, vedrà risorgere quella forza mite e coraggiosa, capace di opporsi con i fatti, non con le parole, a tutto questo?

17. Canzone: l’isola che non c’è (Edoardo Bennato)

sfuma da 1,40 min.  https://youtu.be/8CqwvV-ctTQ

17° Lettore ________________________

DAL LIBRO: (Il demone della guerra, pag. 138)

Il giorno in cui il demone della guerra fosse definitivamente vinto sarebbe un giorno di festa per tutta l’umanità. Di festa anche per le piante e gli animali. Di festa per le città ed i paesi, le montagne e le pianure. Di festa per i cieli, per la terra e per i mari. Ma finora non ne siamo stati capaci. Abbiamo così paura di essere felici che ci impegniamo in tutti i modi a farci la guerra. Ci impegniamo in tutti i modi a ferirci ed a sanguinare. A offenderci ed a guardarci male. Potremmo essere tutti felici, non è impossibile, potremmo. Ma non lo facciamo. Abbiamo paura anche solo a pensarci, figuriamoci a provarci. Siamo codardi, vigliacchi, paurosi, senza fegato, senza tempra, senza corazza. Nudi e indifesi davanti alla felicità che fuggiamo. Siamo così paurosi che per difenderci ci facciamo del male in ogni modo e maniera. Sono secoli che ci facciamo del male. E lo sappiamo benissimo che è così. Ma continuiamo e ancora, ancora, ancora. Continuiamo così come non ci fosse altra strada e se cambiamo è perché abbiamo trovato il modo per farci ancora più male. E quando noi arriveremo alla fine, quando noi non ci saremo più, siamo certi che altri continueranno. Chi potrebbe liberarci da questa maledizione? …

Ma forse proprio un bimbo ci ha indicato la strada. Un bimbo nato sotto una buona stella, in una mangiatoia, scaldato dal fiato di due animali. Nato povero, vissuto povero e morto povero. Ma saggio come un Dio, carismatico come un Dio e inflessibile come un Dio. Aveva parole di pace, di speranza, d’amore, ma ci ha fatto paura. Avevamo paura che ci rendesse felici e gli abbiamo chiuso la bocca crocefiggendolo come un malfattore. Ora però lo onoriamo e lo preghiamo. Come? Ricordando come e quanto gli abbiamo fatto male. Come è quanto ha sofferto. Esaltiamo più la sua sofferenza che il suo insegnamento. Ed è sempre perché con la sofferenza abbiamo dimestichezza, mentre le sue parole che annunciano la buona novella, ci inquietano, ci fanno paura. Dovremmo temere il demone della guerra che invece onoriamo e serviamo, mentre è il principe della pace che ci inquieta. Ci consola il vederlo vinto e inchiodato ad una croce dalla malvagità umana. Forse dovremmo trovare il coraggio di riscoprire sentieri di pace e di felicità. Forse potremmo trovare il coraggio di farlo se alzassimo lo sguardo su un Cristo risorto che ci tende le braccia per abbracciarci. Ma se il nostro sguardo incontra il solito Cristo crocefisso che ci spalanca le braccia solo perché inchiodate ad una croce, non c’è nessun abbraccio se non nella solita sofferenza che ci consuma.

Non si sta a fare della retorica spicciola. È il mondo che è veramente strano. Le guerre oggi sono in drammatico aumento: 378 i conflitti totali, di cui 186 crisi violente e 20 guerre ad alta intensità. Ultimamente si è registrato anche il record di spesa per gli armamenti dalla Seconda Guerra Mondiale. Il demone della guerra è sempre più forte, ma se ardiremo a schierarci pienamente col principe della pace, allora non avremo da temere nulla. Nulla ci farà più paura, nemmeno la felicità.

18. Canzone: C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones (JOAN BAEZ) partire voce dopo 25 secondi https://youtu.be/VCk9NMN_NVc

18° Lettore ________________________

Ora tutti insieme leggiamo i : “Dieci Comandamenti dei bambini e dei ragazzi contro le guerre”.

Con gli occhi in lacrime per quello che succede ogni giorno a Gaza ci chiediamo: Sarà mai possibile un mondo senza guerre? Difficile, ma forse non impossibile. Basta crederci (come chi va in chiesa), basta prepararsi (come chi va a scuola), basta allenarsi (come chi va a calcio). Se pensiamo veramente che la pace nel mondo sia una cosa importante, dobbiamo essere contro la guerra in tutte le sue forme. E bisogna farlo con serietà e per tutta la vita. Questo progetto si rivolge alla nuova generazione di bambini e ragazzi che, se vogliono, possono cambiare il mondo. Occorre creare una generazione responsabile e determinata a difendere la pace nel mondo firmando, congiuntamente ad un loro genitore, un documento che li impegni idealmente, ma per tutta la vita, a rimanere contro ogni guerra, anche difensiva, sostenendo la “NON VIOLENZA”, il dialogo e la conciliazione. Iniziativa da proporre alle scuole dalla 3°elementare fino alla 5° superiore, nelle Università, nelle Società Sportive, nelle Parrocchie, nelle Associazioni e dove l’iniziativa possa trovare cittadinanza. L’adesione ai “Dieci Comandamenti dei Bambini e dei Ragazzi contro le guerre”, ha valore solo per chi la sottoscrive. È un impegno di vita scritto e personale che deve essere rinnovato di anno in anno o periodicamente. I genitori dei minori potranno così scegliere se donare ai figli un futuro incerto o un futuro di pace: “Volete un mondo dove il demone della guerra possa essere sconfitto? Combattete per questo! Questa è la giusta battaglia”.

Ora tutti insieme leggiamo i : “Dieci Comandamenti dei bambini e dei ragazzi contro le guerre”.

I Dieci Comandamenti dei Bambini e dei Ragazzi contro le guerre. Per tutta la mia vita mi impegno:

1) Mi impegno, insieme ai miei genitori, ai miei compagni di scuola ed ai miei amici, a fare parte una nuova generazione contraria a tutte le guerre.
2) Mi impegno ad essere sempre contro la fabbricazione e la vendita delle armi che in guerra feriscono e uccidono bambini o ragazzi come me, le loro mamme ed i loro papà che sono completamente innocenti.
3) Mi impegno per tutta la vita a credere che usare le armi per farsi la guerra è sempre sbagliato, anche quando ci si difende. L’unica difesa valida è la non violenza per costruire insieme una società del rispetto e della solidarietà.
4) Mi impegno anche in futuro a non aiutare e a non lavorare per quelli che fabbricano e vendono armi e promuovono le guerre nel mondo.
5) Mi impegno anche in futuro a non depositare i miei risparmi in Banche che finanziano le guerre e la vendita di armamenti.
6) Mi impegno, compiuta l’età giusta, responsabilmente ad andare sempre a votare, ma a non votare mai per quei politici che approvano le guerre.
7) Mi impegno anche a rimanere contrario a tutte le forme di ingiustizia, violenza e sfruttamento delle persone in ogni parte del mondo ed a non essere complice dei delitti delle guerre rifiutando di comprare prodotti provenienti da paesi in guerra.

8) Mi impegno a limitare la visione di quei programmi tv, film thriller e horror e video-giochi che hanno a disprezzo il valore della vita ed esaltando la competizione fra bene e male, fanno scuola di violenza.
9) Mi impegno a non usare mai alcuna arma, neppure per mia difesa personale o familiare, scegliendo sistemi di protezione non offensivi come inferiate, vetri blindati, allarmi sonori e telecamere.
10) Mi impegno a non credere mai alla propaganda filogovernativa che talvolta presenta le guerre come doverose e giuste, a rimanere contrario a tutte le guerre passate, presenti e future ed a non tradire mai le promesse di questo decalogo.

19° Lettore ________________________
C’è una umanità che da sempre continua ad armarsi ed a farsi la guerra e che ha tradito l’annuncio di gioia e di pace degli angeli alla nascita di Gesù. È quel bambino che ci salva e che può salvare l’umanità se tutti insieme: bambini, ragazzi, giovani e adulti sapremo dire basta a tutte le guerre. Non è un obiettivo a breve termine. Deve crescere piano piano, creando impegno, coscienza
e responsabilità, ma con forza e senza tentennamenti. Magari anche dedicando un giorno all’anno all’impegno contro le guerre. Facendo perno su questo tema, maestri, insegnanti, genitori, sacerdoti e istituzioni, attraverso contributi di testi, immagini, video, audio o altro, potrebbero per diversi giorni, instillare nella nuova generazione una coscienza pura e forte, capace di rifiutare in ogni momento della loro vita, il compromesso della guerra. Una generazione capace di non credere alle bugie della propaganda governativa e dei loro servi che sempre giustificano e ingannano la gente raccontando gli interventi armati come giusti e doverosi. Nessuna guerra è mai stata giusta, né mai lo sarà. Le guerre si fanno sempre per l’interesse del più forte che alla fine scriverà la storia come gli aggrada. Le guerre che per secoli hanno saturato di sangue i nostri territori, ci coinvolgono ancora come principali produttori di armamenti che nel web e in TV vediamo distruggere villaggi e città.
Non è accettabile. La legge del più forte non è mai giusta. Occorre creare una nuova generazione, diversa e migliore della nostra che siamo rane cotte a fuoco lento, incapaci di reagire e di lottare per i nostri diritti. Una nuova generazione che non rinunci al voto, anzi che partecipi sempre impegnata, informata e responsabile,
e che pretenda, in primis dai loro genitori, che la politica non resti il gioco sporco dei vecchi, ma diventi l’orizzonte nuovo dei giovani.  

19. Canzone:  Girotondo  (Fabrizio De Andrè)

CONCLUSIONI  Portate il progetto dei “Dieci Comandamenti dei bambini contro le guerre” a scuola, in chiesa, dove volete. Mandatelo ai vostri amici sui media, troverete come condividerlo sulla pagina facebook dell’associazione “Il mondo che io vorrei-APS”. Io sono un semplice volontario che da cinquant’anni dedica la vita schierandosi dalla parte degli ultimi. Nel 2004 ho pubblicato un libro dal titolo: “ I ragazzi della via Fleming”, diario di un anno da educatore volontario di ragazzi difficili. Sono stato tredici volte presso una missione cattolica avviata dai Saveriani a Sao Paulo del Brasile. Realtà dove conservo contatti e amicizie con educatori e ragazzi e dove ho comprato ed ampliato una casa che ho affidato gratuitamente ad una associazione locale per le proprie attività sociali. Ma le urgenze sono tante anche in Italia e una delle esigenze più grandi è culturale. Questa la ragione e l’obiettivo del libro “Che paura fa la felicità”. Non ci si salva da soli e responsabilizzarsi e camminare insieme è quello che fanno le associazioni. Se vorrete iscrivetevi all’Associazione “Il mondo che io vorrei-APS” cercheremo insieme di fare il possibile per questo mondo distratto e ingannato. I nostri governanti ci preparano un futuro di guerre fino a poco tempo fa inimmaginabile. Abbiamo ascoltato quanto il mondo sia in pericolo e quanto sia indispensabile che ciascuno dia il proprio contributo umano, partecipativo e solidale. Più che un impegno, un Comandamento. Prima di uscire prendete il volantino della associazione “Il mondo che io vorrei – APS” dove troverete i nostri riferimenti. Grazie, Guido.

20. Canzone:  We Are The World  (Michael Jackson) https://youtu.be/rboT-lE1NjM   

SOLLECITATE UN INCONTRO IN PARROCCHIA O A SCUOLA   Per prenotare un incontro  modena-amica@tiscali.it

Contatti: “Tavolo associazioni Modena TAM TAM di Pace” P         tamtampace.mo@gmail.com

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